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Clima ed energia

«Nessuna tassa prima del 2030 per non frenare lo sviluppo della mobilità elettrica»

In futuro i possessori di veicoli dotati di una presa elettrica dovranno fornire un contributo maggiore per la costruzione e la manutenzione delle strade - L'intervista a Guido Biaggio, vicedirettore dell'USTRA

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«Nessuna tassa prima del 2030 per non frenare lo sviluppo della mobilità elettrica»

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Il numero di auto elettriche in Svizzera è in crescita, ma riuscirà davvero a sostituire i veicoli a benzina e a diesel? Come ci sposteremo nel 2050 e chi contribuirà al finanziamento delle strade? Lo abbiamo chiesto a Guido Biaggio, Capodivisione Infrastruttura Est e vicedirettore dell’Ufficio federale delle strade (USTRA).

Secondo l’USTRA, come evolverà la mobilità nei prossimi decenni?

«Il traffico continuerà ad aumentare anche in futuro, ma con un tasso di crescita inferiore rispetto a quello della popolazione. Secondo le previsioni, si stima che potremmo raggiungere i dieci milioni di abitanti attorno al 2040. Le cifre dell’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE) sono chiare: entro il 2050 ci sarà un incremento del trasporto pubblico, che passerà dal 21 al 24% di quota. E nel caso del cosiddetto traffico individuale motorizzato (TIM, ovvero i trasporti privati), la cifra attuale è già molto elevata oggi e rimarrà alta nel 2050 con 68% di quota, contro l’attuale 73%. La mobilità, inoltre, varia anche a causa di vari fattori e abitudini, ad esempio l’aumento del telelavoro, la maggiore urbanizzazione, l’invecchiamento della popolazione e i maggiori spostamenti nel tempo libero, soprattutto la sera o verso le destinazioni più turistiche».

Giovedì verranno consegnate oltre 80 mila firme per il referendum contro un ampliamento delle autostrade - deciso dal Parlamento a settembre - per un totale di 5,3 miliardi di franchi. Sono necessari questi investimenti?

«Se non faremo nulla, nel 2050 avremo più del 20% della rete completamente congestionata e un sistema al collasso in diversi punti della rete. Dobbiamo assolutamente aumentare il tasso di utilizzo delle superfici esistenti utilizzando strumenti di gestione e monitoraggio del traffico e abbiamo bisogno di superfici di traffico in più, perché l’aumento dell’offerta nel settore dei trasporti pubblici non basterà ad assorbire lo sviluppo della mobilità. Un buon esempio dell’efficacia di questa strategia lo abbiamo visto recentemente con l’apertura della terza canna del tunnel del Gubrist, a nord-ovest di Zurigo. In sei mesi la situazione è sensibilmente migliorata. Nei punti nevralgici della rete abbiamo bisogno di maggiori superfici: un esempio, in Ticino, è il progetto di ampliamento dell’autostrada tra Lugano e Mendrisio (il cosiddetto PoLuMe, ndr)».

I dati del 2023 indicano che circa un’auto su tre, tra le nuove immatricolazioni, è dotata di una presa elettrica. Si riuscirà mai a sostituire completamente i veicoli a propulsione fossile?

«Nel 2035 si calcola che la mobilità elettrica e ibrida raggiunga il 50% del totale dei veicoli in circolazione, per poi attestarsi al 70-80% entro il 2050. Non solo tra le nuove immatricolazioni».

Attualmente, nonostante la crescita, sono in circolazione circa 164 mila veicoli elettrici su un totale di oltre 4,7 milioni di automobili (circa 3 milioni a benzina, 1,3 Diesel e il restante 0,4 a propulsione alternativa). Si tratta di un obiettivo troppo ambizioso?

«Diciamo che c’è un grande potenziale di sviluppo, anche perché le case produttrici tra pochi anni presenteranno solo veicoli elettrici. La grande sfida per la mobilità elettrica non sarà tanto la disponibilità di vetture, bensì la rete di colonnine di ricarica elettrica. Bisogna fare uno sforzo per sviluppare le stazioni di ricarica in maniera più puntuale e più diffusa sul territorio: l’obiettivo è di arrivare a 20 mila colonnine entro fine 2025 (oggi sono circa 16 mila, di cui 4 mila installate nel 2023, ndr). La difficoltà risiede però negli stabili privati e plurifamiliari, dove sono molti gli affittuari e non possono decidere autonomamente se installare o meno la colonnina. Questa situazione riguarda circa il 70% della popolazione. C’è uno sforzo comune da fare: sicuramente l’ente pubblico deve promuovere l’installazione con aiuti mirati, dall’altra però ci vogliono anche i privati che decidano di investire».

In termini di mobilità elettrica, in che posizione si piazza la Confederazione nel contesto internazionale?

«Siamo nella media. A trainare sono soprattutto i Paesi scandinavi, in particolare la Norvegia con una quota che supera il 70%. Il Paese ha avuto una mobilità elettrica molto sovvenzionata dallo Stato: il Governo di Oslo elargiva sussidi importanti per l’acquisto di nuovi veicoli elettrici, a tal punto che non conveniva più tenere l’auto a combustione fossile».

In Svizzera cosa fa l’USTRA per incentivare la mobilità elettrica?

«Stiamo lavorando principalmente su tre fronti: il primo è l’installazione, entro il 2030, di colonnine di ricarica veloci in cento aree di servizio disseminate su tutta la rete svizzera. Alla fine del 2023 ce n’erano in servizio già una quarantina. Il secondo tassello della nostra strategia prevede di mettere a disposizione di terzi alcune parcelle dell’USTRA per la realizzazione di “hub di ricarica veloce”. Si tratta ad esempio di spazi vicini agli svincoli autostradali che non vengono utilizzati. È un’iniziativa destinata ai privati: le parcelle vengono messe a disposizione gratuitamente, tramite concorso pubblico, per un periodo di 30-40 anni. Infine, si sta sviluppando la mobilità elettrica anche per i mezzi di trasporto pesanti. Per ricaricare i camion c’è bisogno di maggior potenza e capacità. Stiamo introducendo colonnine nei dodici centri di controllo del traffico pesante. Tra questi c’è anche Giornico, che è già dotato di stazioni di ricarica veloce per i camion».

I progetti non riguardano però solo i veicoli elettrici. L’USTRA sta puntando anche sul fotovoltaico?

«Sì, in alcune zone ai bordi dell’autostrada abbiamo posato pannelli solari per poter utilizzare direttamente l’energia prodotta e illuminare gallerie e pannelli informativi. In altre zone (anche in Ticino, ndr) abbiamo messo a concorso delle parcelle per fare in modo che anche privati e aziende possano sviluppare la propria rete di pannelli. L’asfalto particolare che permette di ricaricare i veicoli elettrici non è invece ancora un tema, è un settore ancora in piena fase di ricerca e in Svizzera non c’è ancora nulla di concreto. Magari in futuro potrebbe essere un’opportunità, ma non sarà certo per domani o dopodomani».

Se da un punto di vista ambientale il crescente utilizzo di questi veicoli è positivo, è pur vero che essi contribuiscono solo in piccola parte al finanziamento dei costi del Fondo per le strade nazionali e il traffico d’agglomerato (FOSTRA). Oggi come è finanziata la nostra infrastruttura?

«Per la costruzione e la manutenzione delle strade i fondi provengono da una parte della tassa sugli oli minerali (ovvero sul carburante, quelle che in Italia vengono definite accise, ndr), dalle entrate del contrassegno autostradale e dalla sovrattassa sugli oli minerali sulla benzina (o il diesel). Questa sovrattassa va interamente a favore delle strade nazionali. Con l’elettrificazione della mobilità le entrate caleranno notevolmente. Bisogna quindi trovare nuovi modi per finanziare l’infrastruttura».

Quali potrebbero essere gli interventi?

«La mobilità elettrica è esente da queste tasse (l’unico contributo deriva dalla vignetta, ndr) e lo sarà almeno fino al 2030. Come alternativa, si sta valutando l’introduzione di una tassa sull’elettromobilità (in tedesco “E-Abgabe”, “e-tassa”). Nulla è però ancora deciso. L’USTRA sta attualmente valutando le modalità di questa tassa. La nostra proposta è di aspettare almeno il 2030 per non disincentivare lo sviluppo della mobilità elettrica».

Come verrà riscossa questa tassa sull’elettromobilità?

«Ci sono varie opzioni, tra cui una tassa annuale una tantum, oppure una calcolata sui chilometri percorsi o basata sul peso del veicolo. Una sorta di “road pricing”? In realtà, con le auto a combustibile fossile è già così: più viaggi, più consumi e, di conseguenza, più paghi. Al momento, almeno fino al 2030, la liquidità del Fondo è garantita. Inizialmente si pensava di introdurre la tassa sull’elettromobilità già a partire dal 2025, ma poi si è visto che non era il caso. Anche perché introducendo tasse sulla mobilità elettrica disincentivi la transizione energetica. Bisogna trovare un equilibrio tra questi fattori».

Ipoteticamente, sarà assoggettato alla tassa anche chi carica l’auto a casa, producendo energia grazie a un pannello fotovoltaico?

«Sì. Questa tassa sostitutiva permetterà di compensare le mancate entrate dalla tassa sugli oli minerali. Inevitabilmente, gli introiti diminuiranno nei prossimi anni e bisogna dunque cercare un nuovo equilibrio per il FOSTRA. Bisognerà fissare l’asticella a un giusto livello per evitare che si paghi troppo, oppure che non si paghi abbastanza».

Sarà anche necessario rivedere il prezzo della vignetta?

«Nel 2013 c’è stata la votazione per alzare il costo del contrassegno da 40 a 100 franchi, ma questa opzione è stata respinta. Oggi il tema è di nuovo in discussione, ma non è ancora stata presa nessuna decisione in merito. A partire da quando e di quale importo verrà alzata è una decisione puramente politica. In ogni caso, il volume delle entrate della vignetta rappresenta circa il 10% del Fondo. Sarà invece molto più importante avere un modello performante su questa “e-tassa”».

Luca Faranda, «Corriere del Ticino» (09.01.2024)

Qui, Sustainable Switzerland pubblica contenuti curati da Corriere del Ticino.

Questo articolo è pubblicato su

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