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La sola combustione del carbone nelle centrali elettriche emette miliardi di tonnellate di CO₂ ogni anno. Foto: PIXABAY/CATAZUL

Clima ed energia Contenuto partner: Boston Consulting Group (BCG)

«Un campanello d'allarme per il mondo»

L'obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius si allontana sempre di più. Secondo uno studio del Boston Consulting Group e del World Economic Forum, le emissioni di gas serra dovrebbero essere ridotte del 7% all'anno. Ma continuano ad aumentare.

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Temperature estreme, precipitazioni estreme, siccità estrema. Se si guarda agli ultimi anni, l'estremo è diventato apparentemente la nuova normalità. Lo dimostra il 2023, durante il quale i record climatici sono stati battuti uno dopo l'altro. Lo scorso anno è entrato nelle statistiche come quello più caldo dall'industrializzazione (1850–1900). In particolare nella seconda metà, il valore della temperatura globale – compreso il mese di dicembre – è stato mensilmente di mezzo grado superiore al grado di riscaldamento di circa 1,2 gradi Celsius calcolato sino al 2022 rispetto ai livelli preindustriali. In gran parte dell'Europa, compresa la Svizzera, la temperatura è salita addirittura di due gradi.

Un quadro simile emerge anche per le emissioni globali di gas serra. Secondo i calcoli, continueranno a crescere dell'1,5% all'anno nonostante tutti i proclami e le dichiarazioni. Le emissioni dovrebbero essere ridotte del 7% all'anno entro il 2030 per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, come previsto dall'Accordo di Parigi del 2015. Una tale riduzione sarebbe senza precedenti e, in termini percentuali, supererebbe addirittura le enormi riduzioni delle emissioni durante il lockdown del Coronavirus.

Urgente necessità di agire

Sebbene negli ultimi anni siano stati compiuti progressi in alcuni settori, molto rimane ancora da fare prima di raggiungere l'obiettivo di ridurre a zero le emissioni di gas serra entro il 2050, soprattutto in quattro settori: impegni e strategie climatiche a livello nazionale, misure aziendali, uso di tecnologie verdi e finanziamento di soluzioni sostenibili e innovative. Questi e altri risultati sono stati recentemente pubblicati dal Boston Consulting Group (BCG) e dal World Economic Forum (WEF) nel rapporto congiunto «The State of Climate Action: Major Course Correction Needed from +1.5% to –7% Annual Emissions». Il libro bianco sottolinea lo stato preoccupante del clima globale e l'urgenza di iniziative immediate e sostanziali per combattere il riscaldamento globale.

Solo pochi i Paesi in regola

«I risultati della nostra pubblicazione sono un campanello d'allarme per il mondo e confermano che lo status quo non è più un'opzione» ha sottolineato Rich Lesser, Global Chair di BCG e Chief Advisor dell'Alliance of CEO Climate Leaders fondata dal WEF. «I governi, le aziende e le altre parti coinvolte devono agire di concerto per raggiungere gli ambiziosi obiettivi climatici».

Come mostra il rapporto, a metà del 2023 la percentuale di emissioni globali coperte dagli obiettivi nazionali zero netto era superiore all'80%, mentre solo pochi anni fa era praticamente pari a zero. Tuttavia, pochissimi sono i Paesi attualmente sulla buona strada per raggiungere l'obiettivo di 1,5 gradi. Sebbene siano stati compiuti grandi progressi, secondo lo studio i Paesi più importanti stanno ancora procrastinando troppo a lungo i loro obiettivi di riduzione. In questo decennio si sono impegnati ad aumentare le misure, ma non sono state sufficienti. O hanno avuto difficoltà a elaborare piani di attuazione solidi per raggiungere effettivamente gli obiettivi che si sono prefissati.

Daniel Kägi

«A oggi, meno del 20% delle prime 1000 aziende al mondo ha formulato obiettivi concreti per raggiungere l'obiettivo di 1,5 gradi.»

Daniel Kägi

Managing Director und Senior Partner, Leader Climate und Sustainability Practice Switzerland, Leader Operations Practice in Switzerland, Boston Consulting Group.

Secondo il libro bianco, nonostante il significativo aumento degli impegni nazionali per azzerare le emissioni, solo un terzo delle emissioni globali è coperto da un obiettivo zero emissioni per il 2050, data approssimativa richiesta per limitare a 1,5 gradi il riscaldamento globale. In questo decennio, il divario è ancora più ampio: solo il 20% circa dei Paesi si è impegnato in misure a breve termine che si avvicinano a quelle necessarie. La percentuale di Paesi con strategie di attuazione relativamente ambiziose è addirittura inferiore al 10%. Secondo lo studio, la maggiore responsabilità ricade sui dieci maggiori emittenti a livello mondiale, a cui va imputata la metà del divario da colmare per raggiungere gli 1,5 gradi. Come si presenta la situazione sul fronte delle aziende? Iniziamo dalle buone notizie: secondo lo studio, il numero totale di aziende che si sono impegnate a raggiungere obiettivi di 1,5 gradi scientificamente provati è aumentato di oltre sei volte tra la fine del 2020 e l'agosto 2023. Tuttavia, tra le prime 1000 aziende del mondo, meno del 20% ha formulato obiettivi concreti per raggiungere l'obiettivo di 1,5 gradi, mentre quasi il 40% non ha preso alcun impegno per le emissioni zero netto.

Tecnologie non completamente sviluppate

Secondo il libro bianco, un altro ostacolo è rappresentato dal fatto che le tecnologie verdi e le infrastrutture necessarie non vengono sviluppate abbastanza rapidamente. Le tecnologie eoliche, solari e delle batterie sono decisive per attuare la neutralità climatica, ma non stanno raggiungendo i livelli di sviluppo necessari a un ritmo sufficiente. Inoltre, tutte le tecnologie verdi già competitive oggi – o che lo saranno presto – sono in grado di ridurre solo circa il 55% delle emissioni necessarie per raggiungere l'obiettivo di 1,5 gradi. Altri processi, compresi quelli per la «decarbonizzazione profonda» come la cattura, l'utilizzo e lo stoccaggio dell'idrogeno e del carbonio o la cattura diretta dell'aria, non sono ancora abbastanza perfezionati per un'applicazione su larga scala.

Accelerare l'innovazione

«Per recuperare il ritardo, l'innovazione e la scalabilità industriale devono essere accelerate a un livello senza precedenti» sottolinea l'esperto di sostenibilità Daniel Kaegi, Managing Director e Senior Partner di BCG. Più facile a dirsi che a farsi. Secondo il rapporto BCG e WEF, non è solo una questione di soldi. Nel 2022, il gap di finanziamento per la protezione del clima era ancora di oltre duemila miliardi di dollari. Secondo lo studio, a bioenergie, idrogeno, carburanti sostenibili per l'aviazione, stoccaggio di CO₂ e batterie è stato destinato solo il 2% circa dei fondi globali per la lotta contro la crisi climatica. Il divario di finanziamento è risultato doppio nei Paesi a basso reddito rispetto a quelli a reddito più elevato. Non c'è da stupirsi: nei Paesi più poveri sono disponibili meno capitali e i rischi sono classificati come più elevati.

Misure concrete

«Le tendenze allarmanti evidenziate nel nostro rapporto non devono essere ignorate» afferma Daniel Kaegi. «Data l'urgenza e la portata della crisi climatica, è necessaria un'azione immediata e coordinata a tutti i livelli». BCG e WEF sono favorevoli a definire priorità e ad adottare immediatamente le seguenti misure:

superare gli ostacoli burocratici che impediscono il progresso nello sviluppo di tecnologie e infrastrutture rispettose del clima. Ciò richiede una semplificazione completa dei processi normativi per accelerare il processo;

promuovere le aziende che si pongono obiettivi ambiziosi in termini di neutralità climatica. Ciò include l'approvvigionamento di materie prime e l'ottimizzazione delle catene di fornitura;

aumentare in modo significativo il sostegno finanziario per le tecnologie rispettose del clima e le relative infrastrutture per garantire un funzionamento efficace in termini di costi. Ciò richiede maggiori investimenti in ricerca e sviluppo e una migliore promozione dei progetti verdi;

aumentare gli aiuti per il clima nel Sud globale. I programmi bi- e multilaterali di sostegno al clima per questi Paesi svolgono un ruolo decisivo per ottenere un effetto globale negli sforzi volti a raggiungere la neutralità climatica. Vanno pertanto ampliati in modo significativo per sostenere lo sviluppo sostenibile e l'adattamento ai cambiamenti climatici in queste regioni.

Effetto domino di criticità

Daniel Kaegi avverte che il rischio di mancare l'obiettivo di 1,5 gradi è molto concreto. Nello studio si sottolinea infatti come l'umanità sia pericolosamente vicina a innescare un effetto domino di criticità che minacciano il futuro del pianeta. Il mondo ha bisogno di più esempi e iniziative sul modello dell'Accordo di Parigi che possano fare la differenza nel prossimo futuro». Rimanere inattivi è fuori discussione, sottolinea Kaegi: «Il prezzo da pagare per tutti noi sarebbe semplicemente troppo alto».

Dichiarazione: Questo contenuto è stato prodotto dal team editoriale di Sustainable Switzerland per conto della BCG.

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