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Foto: Anton Murygin

Produzione e consumo

Quando il cambiamento passa da quello che mangi in mensa

Per il WWF gli atenei svizzeri dimostrano spirito d’iniziativa e fanno progressi, ma hanno ancora molto da fare – L’Università di Zurigo, dal canto suo, ha aumentato i prezzi del menù di carne rispetto all’offerta vegana/vegetariana, con la soddisfazione degli studenti

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Le scuole universitarie svizzere hanno ancora una grande necessità di agire in materia di sostenibilità: occorrono un impegno più convincente da parte dei responsabili e delle direzioni, come pure obiettivi strategici ambiziosi, in particolare nei settori chiave dell’insegnamento e della ricerca. È questa la conclusione della valutazione sul tema per il 2021 operata da WWF Svizzera, che ha presentato oggi il suo terzo rating dedicato alla sostenibilità. Sono state esaminate 31 istituzioni (ma tre non hanno partecipato). In cima alla classifica è giunto il Politecnico federale di Zurigo. Seguito dalle università di Losanna, Berna, Neuchâtel e Friburgo, oltre al Politecnico di Losanna. Ma tutti si sono solo avvicinati alla categoria dei «pionieri», guadagnandosi la menzione di «ambiziosi».

Tra chi recentemente ha fatto un passo verso il miglioramento c’è l’Università di Zurigo. Gli studenti che dopo la pausa estiva torneranno nella città sul Lemano si ritroveranno a spendere un pochino di più per mangiare in mensa. Nulla che influisca davvero sul loro budget, ma che avrà un impatto sicuramente interessante in termini etici e ambientali. Se finora, infatti, gli studenti avevano accesso al menù giornaliero per 5.40 franchi, a partire dal 1. settembre spenderanno 5.80 franchi per il menù vegetariano o vegano e 6.90 franchi per il menù di carne. E la differenza sta proprio in questo.

«I prezzi sono rimasti invariati per oltre 15 anni e sono molto bassi rispetto al resto della Svizzera – scriveva l’ateneo a fine giugno sulla sua pagina, informando sulla novità -. Ora sono stati adeguati per soddisfare le aspettative di sostenibilità e qualità». La scelta è dunque consapevole e meditata. Da un sondaggio effettuato nel 2019 tra i frequentatori della mensa (studenti, dipendenti dell’università e ospiti esterni) è emerso che «l’80% degli intervistati desiderava un’offerta più sostenibile» e sarebbe stato favorevole a dover pagare di più per mangiare carne. L’Università di Zurigo «si impegna a diventare climaticamente neutra entro il 2030». E mense e caffetterie possono influire in maniera importante su questo obiettivo. «I menù vegetariani, in media, hanno meno della metà dell’impatto ambientale rispetto ai menù a base di carne».

Ecco perché il loro prezzo è stato aumentato. «Inoltre, allo stesso tempo vengono creati i presupposti per degli acquisti più sostenibili per la riduzione delle emissioni di CO2, con prodotti regionali, stagionali e rispettosi dell’ambiente», così come «carne proveniente da allevamenti ’’adeguati’’ e prodotti biologici». Nel giugno del 2020 i Verdi del Ticino presentarono una mozione affinché lo Stato si impegnasse a «educare e sensibilizzare i giovani sulle scelte alimentari, che hanno un impatto molto forte sull’ambiente», offrendo nelle mense scolastiche un’alternativa vegetariana/vegana all’interno del menù e favorendo «un’alimentazione equilibrata, basata su una maggiore quantità di alimenti locali e vegetali, provenienti da un’agricoltura adattata alle condizioni stagionali, rispettosa dell’ambiente e della biodiversità».

In effetti sono molti gli studenti che hanno richiesto un’attenzione maggiore nei confronti dell’ambiente. Ce lo conferma Arianna Pagani, vicepresidente dell’Associazione studenti ticinesi a Zurigo (ASTAZ). Che loda le decisioni prese dalla mensa dell’università, in linea con le sensibilità ambientali sempre più accresciute dei suoi frequentatori. Dal canto suo, solleva anche una questione: «Quella dell’ateneo è un’azione molto bella. Che però si avvicina molto alla decisione politica. E mi chiedo se sia giusto che ‘‘un’entità’’ simile spinga sulla modifica dei prezzi». Se la mensa dell’università ha optato per un (contenuto) aumento dei prezzi, comunque, è perché ne è emerso che i giovani sono disposti a pagare un pochino di più se a beneficiarne è l’ambiente. «E le idee possono cambiare le cose».

Che si tratti di una «scelta politica» non è una considerazione condivisa dal movimento Sciopero per il clima. Che per bocca di Larissa Bison – studentessa proprio all’università di Zurigo – spiega di vederla piuttosto come «una nuova opportunità che l'ateneo ha voluto offrire alle sue studentesse e ai suoi studenti: quella di seguire uno stile di vita più sano, ecologico e sostenibile».

E «senza pregiudicare la possibilità di consumare comunque prodotti animali e derivati, dato che la scelta di carne/pesce non è stata tolta». Per i giovani attivisti, «le università, proprio come luoghi di conoscenza, hanno il dovere di porre in primo piano la scienza, e ciò vuole anche dire riconoscere che l'alimentazione degli ultimi decenni non è sostenibile sul lungo periodo». Prendere le conseguenti misure può coincidere con l’aumento dei prezzi del menù di carne nella mensa, come pure con l’acquisto di prodotti biologici a chilometro zero. Sciopero per il clima, aldilà dell'effetto pratico di riduzione delle emissioni – che potrebbe sembrare «una piccola cosa» -, punta il focus piuttosto sul «messaggio di grande impatto che l'ateneo trasmette in questo modo: è ora di cambiare, e il cambiamento deve avvenire in tutte le sfere della società».

Ecco perché «l'introduzione di un sistema simile anche in altre mense dovrebbe e dovrà avvenire, accompagnato da una formazione più ampia sulla crisi climatica e su tutti gli altri aspetti che possono essere migliorati a livello personale (trasporti, riciclo dei rifiuti, attività di svago e simili). È sulle abitudini della nuova generazione che si costruirà la società del futuro».

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